(Storie dal laboratorio di scrittura autocreativa, condotto da Social.Net)
Quella mattina Penny si alzò. Non aveva dormito bene, si era svegliata più volte per qualche incubo notturno che le aveva rotto il sonno. Aveva cercato di calmarsi da sola ma al suo risveglio si sentiva ancora agitata. La giornata si prospettava bella fuori dalla finestra: nel giardino l’erba e le siepi bagnate dal temporale della sera prima, luccicavano al primo sole del mattino. Penny adorava il suo giardino e quando il tempo lo permetteva, andava a fare colazione lì fuori, sul suo tavolino giallo.
Preparò il caffè, taglio un pezzo di torta alle mele che non doveva mai mancare e cercò di dimenticare l’inquietudine della notte. Era domenica e pensò: “Andrò a fare un giro alla barca”. Penny aveva comperato una piccola barca a vela, da quando Sam era entrato nella sua vita. Lui lavorava lontano e a Penny mancava molto, ma entrambi adoravano la barca al vela e così Penny decise di comprarne una, con i fondi provenienti da qualche eredità. In realtà senza Sam non era la stessa cosa, ma lei cercava di non farglielo pesare e in sua assenza andava comunque al fiordo a tenerla in ordine e sistemarla.
Penny preparò le cose in macchina, si vestì in modo sportivo, diede da mangiare a Polly, il suo cane e insieme partirono per raggiungere il fiordo.
Sam sarebbe arrivato la settimana successiva e ora che stava arrivando l’estate avevano in programma qualche viaggetto ricavandosi dei weekend lunghi dal lavoro.
Verso l’ora di pranzo Sam la chiamò. Penny rimase in silenzio ad ascoltarlo: non sarebbe potuto tornare per problemi al lavoro, cercò di scusarsi, ma Penny non riuscì a dire nulla. Riattaccò il telefono e rimase in silenzio a guardare il fiordo e i riflessi del sole che nel frattempo si era alzato. Tutta l’inquietudine di quella notte sembrò ritornare e sommergerla completamente. Non era la prima volta che succedeva: Sam la chiamava e i piani saltavano. Ma stavolta era diversa. Le uscì un urlo dal petto, così forte che Polly andò a nascondersi sotto coperta. Non le era mai successo di sentire urlare così la sua padrona. Penny stessa non si era mai sentita così.Si spaventò di se stessa ma decise di non trattenersi. Urlò contro l’acqua, contro il cielo e contro il sole. In quel momento odiava quasi tutto (tranne Polly ovviamente) e avrebbe mandato tutti al diavolo. Anche se l’acqua era fredda, decise di spogliarsi e immergersi nell’acqua del fiordo. Era cristallina e freddissima. Penny correndo si immerse completamente per poi riemergere immediatamente e ritornare sul piccolo lembo di sabbia. In quel momento anche se fosse passato qualcuno e l’avesse vista nuda, non le sarebbe importato, guardatemi pure, pensava tra sé. Si coprì con un asciugamano e iniziò a ridere, a ridere di gusto, a ridere di se stessa e di quella situazione. Si ritrovò a parlare con l’acqua, con le piante e con il sole. Solo Polly sa cosa disse. Si asciugò e si rivestì. Si aprì una birra e rimase lì a farsi scaldare dal sole, stremata e stanca.
Polly le si avvicinò e la guardava con occhi un po’ interrogativi: che ti è successo sembrava chiederle. Penny iniziò a sentirsi stupida per quello che aveva fatto. Qualcuno sicuramente mi avrò vista, lo diranno in paese, ma perchè sono tanto stupida.
Decise di andarsene il prima possibile e tornò a casa. Intanto Sam le aveva scritto, ma lei rifiutò di rispondergli.
La sera Penny si sistemò e andò al suo pub preferito. Aveva bisogno di un po’ di musica e di incontrare qualche faccia con cui fare qualche chiacchiera leggera. Quella sera ad un certo punto entrò Peter: era un amico di suo padre, la conosceva da quando era piccola. Peter era un uomo molto divertente, parlare con lui faceva sempre passare i brutti pensieri o le giornate storte. Penny lo chiamò e Peter andò da lei, l’abbraccio affettuosamente e le chiese come andavano le cose, del resto era un po’ che non si vedevano.
Penny rispose con il suo sorriso che andava tutto bene, gli racconto della barca, dei progetti di viaggio, di come stava curando il giardino. Peter le dava sempre buoni consigli su come curare le piante e qualche volta le aveva regalato degli esemplari difficili da reperire. Dopo aver chiacchierato a lungo, Peter si avvicinò e a voce bassa le disse: ti ho vista oggi. A Penny si gelò il sangue. Sperava con tutta se stessa che non intendesse proprio quello. Si diedero un’occhiata e capì che invece era proprio così. “Che ti succede Penny, mi fai preoccupare, perchè urlavi in quel modo?”. Penny lo guardò e mentre lo guardava iniziava a odiarlo con tutta se stessa. Cosa voleva quell’uomo? Cosa gli importava? Perchè doveva entrare nella sua vita e occuparsi di cose che non lo riguardavano?
Penny si alzò e se ne andò, accampando qualche scusa.
Tornò a casa e iniziò a preparare la sua borsa dei viaggi in barca. Polly la guardava andare e venire, mettere dentro cose e poi toglierle. Alle 2 si addormentò e dormì fino al mattino. Scrisse velocemente un messaggio al lavoro dicendo che non sarebbe potuta andare. L’avrebbero licenziata? Sinceramente non le importava nulla. Voleva solo partire.
Arrivò alla barca con Polly. Non poteva nascondersi la paura che provava. Non aveva mai fatto un viaggio con la barca senza Sam, ma ormai aveva fatto un patto con se stessa. Sarebbe partita. Non poteva tornare indietro.
L’acqua del fiordo l’accoglieva con la sua calma e Penny lo fece davvero, partì. Non aveva un piano preciso ma una volta svolte le operazioni necessarie, si sarebbe fermata un attimo per decidere la prima tappa. Prima di arrivare al mare ci avrebbero messo divesre ore perchè la barca era in una posizione molto interna del fiordo. Si sarebbe fermata a Sander, un paese distante un’ora dal mare e lì avrebbero attraccato la barca. Durante la navigazione Penny si sentiva euforica e insieme spaventata. Ho forse esagerato? Questa volta forse davvero….e poi quando arriveremo al mare ce la farò da sola? Certo, perchè non dovrei farcela? Scacciò il pensiero di Sam e proseguì per la rotta che si stava disegnando. Nel pomeriggio arrivò a Sander. L’aveva sempre visto di passaggio ma non si era mai fermata. Scese a terra per cercare un posto in cui cenare al caldo e poi tornò in barca a passare la notte. Polly stava vicino a lei e si tenevano compagnia e forse si facevano coraggio. Dovevano riposare bene perchè il giorno dopo sarebbero arrivati al mare e dovevano essere pronte e sveglie. Penny aveva stabilito la seconda tappa. Era a 5 ore di navigazione da lì. Ci sarebbe stato vento, ma il cielo era previsto sgombro da nubi. Così il mattino dopo, di buon’ora, si svegliarono, fecero colazione (a entrambe un po’ mancava la tranquilla colazione di casa) e salparono. Il cuore di Penny era pieno di paura a mano a mano che il mare si avvicinava. Ricordò Peter e le sue parole e di nuovo una rabbia profonda la colse e le diede la spinta per affrontare il passaggio dal fiordo al mare aperto.
Penny lo sapeva. Appena arrivate in mare aperto, avrebbe dovuto tenere alta la concentrazione ed essere rapida nelle manovre. E così fece. La calma e accogliente acqua del fiordo, si trasformò in onde decise e sfidanti. Del resto, non era questo che voleva e che aveva cercato? Il vento quel giorno non le lasciò scampò ma allo stesso tempo le permise di arrivare a destinazione prima del previsto. Penny era esausta ma felice. Ce l’aveva fatta. Aveva rotto il ghiaccio. Penny affrontò le tappe successive fiera e orgogliosa di sé. La sera andava nei pub delle cittadine dove si fermava e conosceva sempre qualcuno a cui raccontare di sé. Arrivò il momento di tornare indietro, verso la rotta di casa. Quella sera Penny mentre era al pub controllò il meteo e verso l’ora di pranzo era prevista pioggia e temporali nei pressi della tappa dove doveva fermarsi. Il cuore iniziò a battere, ma lo mise subito a tacere. Ce la faremo, disse rivolta verso Polly. Due signori, moglie e marito, che aveva conosciuto a cena, le chiesero se voleva fermarsi da loro il giorno dopo. Sarebbe potuta ripartire quando il tempo sarebbe stato più favorevole. Penny rispose che no no, andava bene così, non era poi chissà che temporale, ce l’avrebbero fatta senza porblemi. I signori non insistettero e Penny non ebbe il coraggio di ammettere che stare al riparo per un paio di giorni non le sarebbe dispiaciuto.
Si ritrovò in barca, senza pensarci troppo su e partì. Mano a mano che procedeva le onde si ingrossavano. Le venne in mente quando succedeva con Sam, la sola sua presenza l’aiutava a rimanere concentrata sulle operazioni da fare e sul volgere la barca a favore del vento. Sapeva che sarebbe andato tutto bene e che non c’era bisogno di preoccuparsi, ma dentro di lei il cuore batteva forte. Si iniziavano a vedere i fulmini e a sentire i tuoni. Polly si nascose sotto coperta e non uscì più. Penny proseguì sperando che il vento la portasse nel minor tempo possibile a destinazione anche se questo voleva dire passare il temporale. Arrivarano i fulmini e arrivarono i tuoni. Penny proseguiva pregando di non essere colpita. A volte arrivavano delle onde per le quali doveva reggersi per bene. Era completamente fradicia e faceva fatica a vedere. Ad un certo punto, un’onda molto violenta la buttò a terra. Penny urlò ma il rumore dell’acqua e del vento questa volta era troppo forte perchè lei stessa potesse sentirsi.
In quel momento nella sua mente ricomparve quel gruppo di delfini che una volta sognò, durante un periodo molto difficile: nel sogno lei rischiava di essere sommersa da due onde giganti e i delfini le comparvero intorno e l’accompagnarono sana e salva fino alla riva. La stessa cosa sarebbe successa ora. Lo sentiva. Si rialzò e riuscì a tenere la barca e le vele in modo da fronteggiare le ultime onde insidiose. Poi il vento si smorzò, la pioggia diminuì e dalle nuvole grigie vide un lembo di cielo azzurrissimo. A breve sarebbe arrivata alla prossima tappa e avrebbe riposato.
Ed eccola lì Penny. Nel porticciolo del piccolo paese la nostra protagonista scese dalla sua barca per trovare un posto caldo dove mangiare e riposarsi. Seduta al tavolo, con ai piedi il suo cane fidato, Penny pensava che si sarebbe dovuta sentire felice, soddisfatta e orgogliosa per ciò che aveva affrontato da sola. Invece le veniva da piangere. “Beh certo, è la stanchezza, la fatica, la tensione che se ne va” pensò. Ma no, non era quello e mentre iniziavano a scendere le lacrime dai suoi occhi, si sentì tremendamente sola. “Cosa ci faccio qui da sola in questa terra di sconosciuti? Perchè devo fare tutta questa fatica? Cosa dovevo dimostrare e a chi?”. Voleva solo essere a casa, con una tazza di the, con Polly, vicina agli affetti e agli amici.
La padrona del locale la osservava, andò al tavolo con la scusa di offrirle una birra e intanto cercò di assicurarsi che Penny stesse bene. Contrariamente a ciò che avrebbe fatto di solito, Penny iniziò a parlarle di sì, del suo viaggio e di come si sentiva. La signora l’ascoltò con grande attenzione e alla fine le disse “senti Penny, qui in paese abita Linda, è una vecchia signora, una persona un po’ speciale, gli abitanti del posto spesso la interpellano per i mali dell’anima e del corpo…perchè non ti fermi qualche giorno e vai anche solo a conoscerla?”.
Penny all’inizio fece un po’ resistenza, ma alla fine era talmente stanca che l’idea di fermarsi un pochino non le parve così male.
La mattina dopo Penny si svegliò e quando uscì dalla canbusa vide il meraviglioso cielo del nord che lei amava: azzurro con un sottofondo di nuvole basse che riempivano il cuore della loro bellezza. Aveva promesso alla proprietaria del locale che sarebbe andata in giornata da Linda: si era già pentita di averlo fatto ma non se la sentiva di tirarsi indietro.
Fece una lunga passeggiata con il suo cane e poi seguì le indicazioni che le aveva dato. Penny arrivò a quella che doveva proprio essere la porta di Linda. Con un po’ di timore bussò. Da dietro la porta si sentì il magolio di un gatto e una voce di donna: “entra, entra pure, ti stavo aspettando”. “mi stava aspettando?” pensò Penny, le voci corrono veloce eh?
Aprì la porta e si ritrovò nel piccolo corridoio d’ingresso. Un delicatissimo profumo di rosa proveniva da chissà dove. Penny si guardò intorno e intravide la cucina e il salotto. Non sembrava per niente la casa di una “santona”: era una casa sobria sì, ma in ordine, molto pulita, con dei fiori freschi sul tavolo e un profumo buonissimo nell’aria.
“Tu devi essere Penny”, disse Linda. Penny fece cenno di sì e Linda le andò incontro ela salutò calorosamente. La invitò ad entrare e ad accomodarsi sulla poltrona. Le offrì il caffè e parlarono come fanno due persone sconosciute. Da dove vieni, che lavoro fai, che bello il tuo cane, quando sei arrivata, eccetera. Penny chiacchierò volentieri, era a suo agio e Linda era una donna affabile. Poteva avere tra i 60 e i 70 anni. Due occhi azzurri come il cielo del Nord e una chioma di capelli bianchi che teneva raccolti in modo ordinato. Ad un certo punto, senza che se lo aspettasse, Linda la chiamò dicendo “figlia mia, nessuno arriva qui se non ha un dolore nel cuore o un peso sul petto. Io sento cose che non sono accessibili a tutti e vedo il tuo cuore molto affaticato. E’ come legato da corde che da troppo lo stringono e avrebbe un grande bisogno di liberarsi. Ho qui una stanza in più: ti ho già preparato il letto e la biancheria pulita. Starai da me per i prossimi giorni.”.
Fosse stato per lei, Penny avrebbe ringraziato e avrebbe risposto “non ti devi disturbare linda, davvero, torno alla mia barca e domani mattina riparto per tornare a casa”. Ma qualcosa in quella casa, qualcosa più grande di lei, le fece rispondere: “grazie linda, vado a prendere le mie cose in barca e torno”. “vai e torna presto, sarai mia ospite e non dovrai preoccuparti di nulla”.
A Penny sembrava tutto così strano, non previsto. Nei giorni successivi, quando Penny si svegliava al mattino, Linda era già in cucina: si alzava molto presto e organizzava la situazione. “La mattina è il momento più importante della giornata. Oggi Penny è il giorno giusto per sentirsi liberi e lasciarsi andare”, le diceva Linda, ogni giorno. Penny non diceva nulla, soffiava sulla tazza di the caldo per farlo raffreddare, se ne stava lì rimuginando un po’ su quella frase. Quando si sentì ripetere “Oggi è il giorno giusto per sentirsi liberi ecceterea” Penny senti un nodo di nervosismo nascere nella sua pancia. Si alzò e se ne andò sul divano a leggere una rivista. Ovviamente era solo una scusa: quel nodo si stava trasformando in un groppo alla gola e sentiva di non riuscire più a trattenere le lacrime. Linda si avvicinò, cantando una canzone molto assomigliante ad una ninna nanna. Penny non la guardò anche se vedeva tutto ciò che stava facendo. Linda si sedette sul tappeto di fronte a lei, accese della salvia aromatica e la lascio bruciare in modo che il suo profumo riempì tutta la stanza. La canzone non era finita e più cantava più a penny veniva da piangere. Linda posò la salvia in un piattino rosa, si mise in ginocchio e allargò le braccia tenendo gli occhi chiusi. Penny alzò il capo, la vide e con un filo di voce disse “Linda aiutami”. La donna aprì gli occhi e la guardò con lo suardo più dolce e allo stesso tempo più deciso che Penny avesse mai visto. Non sa se sua madre l’avesse mai guardata così, non se lo ricordava. Le due donne si guardarono per diversi istanti: linda le fece un cenno leggero con la testa, si sedette vicino a lei sul divano e l’abbracciò come si abbraccia una figlia che ha paura e che ha bisogno di consolazione.
All’inizio Penny sentì freddo nel cuore, le sembrava che quell’abbraccio non volesse dire nulla e che fosse una cosa stupida. Linda continuava a cantare, aveva cambiato melodia, ora sembrava che cantasse una litania dalle parole incomprensibili, come una sorta di formula magica. Piano piano quel muro che sentiva dentro si assottigliò, divenne più fragile, a cadere mattone dopo mattone. Il freddo calò e un tepore caldo le stava soffiando sul cuore, i muscoli si stavano rilassando, Linda allora cantò più forte e le posò una mano sulla fronte. Sapeva bene dove voleva arrivare. Quando smise di cantare disse: “Penny, conosco molto bene la tua anima. Ho chiesto a tutte le generazioni di donne che ti hanno preceduto, di unirsi a me e di aiutarti. Tutte loro ti stanno dicendo “Lasciati aiutare Penny, ci siamo noi”. Affidati penny, ci siamo. Ci sono. Posso prendermi cura di te e lo farò senza esitazione.
Va bene Linda, sussurrò penny. Nei giorni successivi Linda si occupò di lei come se fosse una persona convalescente. Si occupava di tutto lei, pregavano insieme, le leggeva testi di autori ispirati. Penny, ogni giorno che passava, si sentiva più leggera, con meno peso sulle spalle. Dopo molti giorni, un mattino, senza preavviso, le disse “penny sei pronta a tornare a casa”. Cosa? Proprio adesso che stava così bene? “Penny, ti fidi?” Certo che si fidava. “oggi preparerai la tua barca, io andrò a prenderti delle provviste per il viaggio e domani mattina partirai”. Penny era molto triste, non avrebbe voluto separarsi da linda. Ma si fidava così tanto di lei, che non mise in dubbio le sue parole. E così fece. Il giorno dopo linda andò a salutarla al piccolo molo e le regalò un ciondolo verde.
Il mare fu tranquillo per i giorni che le mancavano per raggiungere casa.
Appena rientrata a casa, Sam la stava aspettando. La riempì di domande, di parole, era molto preoccupato. A Penny non dispiaceva rivederlo, ma si sentiva cambiata e senza alcuna forzatura gli disse “Sam, io ho bisogno di un rapporto diverso, ho bisogno di vivere insieme e condividere la vita senza interruzioni. Ho bisogno di un uomo che ci sia. Questa cosa tu non puoi offrirmela…mi dispiace ma è meglio chiudere qui.” Sam provò a convincerla del contrario ma Penny sentiva dentro che era la cosa che doveva fare, certo con un grande dolore dentro.
Qualche giorno dopo sua madre la chiamò. Viveva a tre ore di auto da Penny. La invitò a pranzo la domenica e le disse che aveva preparato diverse cose che le voleva dare: marmellate e nuovi tessuti per cuscini che sapeva piacere molto a Penny. “no grazie mamma, vengo ma non darmi nulla”: questo le avrebbe risposto la solita Penny. E invece accettò l’invito a pranzo e anche il resto. Sua madre si offrì anche per venirle a sistemare un po’ il giardino, cosa che adorava. Quella domenica ripartirono insieme e tornarono a casa di Penny. La sera dopocena Penny consegnò a sua madre una lettera insieme a una piccola Calathea, la pianta che simboleggia i nuovi inizi. La madre chiese a Penny se poteva aprire la lettera lì con lei e Penny annuì. Molte delle cose che Penny non era mai riuscita a dire erano lì dentro: parole di amore, di rabbia, di paura, di speranza e di rimpianto. Penny cercò di non concentrarsi troppo sulla reazione di sua madre, quanto su quanto fosse importante per lei questo passo, un vero e proprio nuovo inizio, segnato dalla caduta di quel muro che le era cresciuto dentro negli anni.
La madre la ringraziò e l’abbraccio, anche se c’era anche tanto dolore nel leggere quelle righe.
Qualche giorno dopo tornò a casa e appena arrivata mandò a Penny una foto del posto dove aveva deciso di posizionare la piccola Calathea.
Penny quella sera tornò al “suo” pub. Si sentiva leggera, di buon umore ed era felice perchè quella era la sera della musica dal vivo nel locale. Salutò alcune persone conosciute e si sedette al tavolo con un paio di amici. Si alzò per andare al bancone per ordinare e i suoi occhi si incontrarono con quelli di un uomo che non aveva mai visto lì. Stava ordinando una birra e così si presentarono. Era una persona davvero simpatica e la metteva a proprio agio. Penny gli chiese da dove venisse perchè non era chiamaremente uno del posto. L’uomo era un parente di una famiglia che Penny conosceva ed era lì in vacanza. Penny e lo sconosciuto parlarono per almeno mezz’ora, poi Penny si ricordò che avrebbe dovuto ordinare anche per i suoi amici. “scusami adesso devo tornare al tavolo”. Dimmi almeno come ti chiami: le disse. “Penny, e tu”? “Ernest, è stato un piacere conoscerti Penny, se ti va domani potremmo fare una passeggiata al fiume, so che iniziano le gare di canoa”.
Nei giorni successivi Ernest e Penny si ritrovarono a passeggiare e a cenare al pub. Pennu si sentiva tranquilla con lui, parlavano di tutto, del loro lavoro, dei loro hobby, delle famiglie e di molto altro. Penny però non osò parlargli della sua barca e del viaggio che aveva fatto da sola e di Sam.
Ma Ernest, dopo qualche giorno se ne sarebbe andato. Penny un po’ timorosa ma allo stesso tempo desiderosa, lo chiamò sabato mattina e gli disse: Ernest, voglio portarti in un posto oggi, passami a prendere. Salita in macchina, Penny gli diede le indicazioni per arrivare a destinazione. “Wow che posto bellissimo. Adoro il fiordo Penny. Sai che sto progettando di comprare una barca proprio simile a questa?”
Penny sorrise dentro di sé ma fece finta di nulla. Ah sì? Vuol dire che quando la comprerai mi farai fare un giro? E mentre gli parlava, si avvicinava saltellando alla barca. Arrivata proprio lì di fronte, Penny a gran voce disse “Ernest ti presento la mia barca, Cheers! Penny scoppiò a ridere menre guardava Ernest che quasi non credeva ai suoi occhi. Lo invitò a salire e gli racconto di quando decise di comprarla, di quanto tempo ci volle per decidere quale tipo e dove acquistarla, gli raccontò di Sam e dei loro viaggi e arrivò il momento di raccontargli del suo ultimo viaggio da sola. Mentre parlava, Penny stringeva in mano il ciondolo che Linda le aveva regalato.
Penny non sapeva cosa sarebbe successo con Ernest, ma il suo cuore era leggero e quell’uomo umile e simpatico le dava fiducia. Dai Ernest, brindiamo alla nostra conoscenza, a questi giorni passati insieme e ai progetti che ciascuno ha nel cuore.
Ernest si offrì per guidare la barca per un breve giro nel fiordo. Penny si sdraiò e si godette quel piccolo viaggio. Tornarono a riva che il sole era ancora alto e stettero lì a raccontare e a raccontarsi finchè iniziò a rinfrescarsi la temperatura. Prima di tornare in paese, Penny prese la chitarra che lasciava sempre in barca e intonò una canzone L’accordò e si mise a cantare:
“Torna sotto il portico
Qualunque cosa tu abbia fatto, non importa
Perché siamo tutti un po ‘distrutti e malconci
Ma la luce è accesa, cosa stai aspettando?
Torna indietro, torna al portico
ci vuole un po ‘per realizzare ciò di cui hai bisogno
Ho preso la strada più lunga
Alla ricerca della scorciatoia
Per scoprire che questo posto
È stato fatto al meglio
Se non trovi mai quello che stai cercando
Torna al portico
Dì il mio nome attraverso la porta
Oh, torna in veranda
Torna indietro, torna indietro”.